Sono le due e tutto intorno a me è silenzio. La stanchezza circola come un'ameba nelle vene e mi offusca il pensiero. La pigrizia mi domina, ma cerco di vincerla. Vorrei terminare un sonetto caratterizzante la solitudine dello spirito. Mostrare lo spirito che si separa a poco a poco dalla natura e si esilia nella contemplazione interiore delle essenze metafisiche, mette a dura prova i pochi neuroni che ancora alimentano la mia mente. La prova è di 'rappresentare' e non definire. In fondo lo spirito ha una sola compagna: la verità. La insegue, attraversa l'involucro sensibile degli oggetti per raggiungerla oltre l'involucro, nel suo oscuro rifugio. La verità lo trascina, di astrazione in astrazione, in una specie di deserto dove più nulla ha consistenza, dove le forme svanite hanno lasciato di sé soltanto le proporzioni, dove sono divenute 'formule'. Ah, come le leggi matematiche relativistiche sono pallide, tetre, sinistre, implacabili. Inviolabili ai limiti conosciuti. Sono i fili che fanno muovere gli attori e le comparse di un grande teatro smarrito nell'universo. Tenui fili che compongono nella loro fredda armonia una specie di tela di ragno, in cui l'anima s'impiglia e allora l'ignobile mostro dell'inconosciuto, lentamente e inesorabilmente viene a roderla e a consumarla. Negletto chi mira la bellezza esteriore di un fiore ignorandone la radice nascosta. In fondo, caro Gabriel - permettimi l'aggettivo dall'alto della mia veneranda età - esiste un'unica vera solitudine, origine di tutte le altre, la lontananza cui ci troviamo dalla ragione del mondo. E qui penso, verità inconsolabile, non vi sia libreria che ne custodisca la rivelazione. Apprezzo molto le tue appassionate dissertazioni, dove si legge fra le righe uno spiccato acume intellettivo vestito di una vasta conoscenza enciclopedica. Tu mi parli giustamente di fisica e metafisica, creando un ciceone a volte condivisibile, bevibile con gusto, altre volte difficile da ingoiare per il semplice fatto che io sono io, tu sei tu e l'altro è l'altro. La speculazione di Cartesio la trovo ancora attuale, peccato che non abbia poi lasciato una valida definizione sull'uomo. La citazione di Herman. H - (d’ogni verità anche il contrario è vero) - l’ho mutuata per dire che una verità assiomatica non esiste, come non esiste una sola realtà. Ogni essere rappresenta la sua per ciò che è, poi è costretto ad adeguarsi all'imperativo kantiano (tu devi perché devi) per sopravvivere in una società strutturata piena di comandamenti. Per non dilungarmi oltre, oggi mi sforzo, con un certo successo, di vivere fuori dagli schemi, dove l'empirico, il sensibile, la politica e la religione non sono il mio primo nutrimento, altrimenti sarei già orizzontale difronte agli orrori e agli scempi dell'uomo attuale-inattuale. Ora ti lascio e torno alla mia solitudine spirituale, vero balsamo contro il deprecabile umano. (Scusa se ho scritto così tanto per dire così poco. W.G.)
venerdì 12 aprile 2019
La verità
Sono le due e tutto intorno a me è silenzio. La stanchezza circola come un'ameba nelle vene e mi offusca il pensiero. La pigrizia mi domina, ma cerco di vincerla. Vorrei terminare un sonetto caratterizzante la solitudine dello spirito. Mostrare lo spirito che si separa a poco a poco dalla natura e si esilia nella contemplazione interiore delle essenze metafisiche, mette a dura prova i pochi neuroni che ancora alimentano la mia mente. La prova è di 'rappresentare' e non definire. In fondo lo spirito ha una sola compagna: la verità. La insegue, attraversa l'involucro sensibile degli oggetti per raggiungerla oltre l'involucro, nel suo oscuro rifugio. La verità lo trascina, di astrazione in astrazione, in una specie di deserto dove più nulla ha consistenza, dove le forme svanite hanno lasciato di sé soltanto le proporzioni, dove sono divenute 'formule'. Ah, come le leggi matematiche relativistiche sono pallide, tetre, sinistre, implacabili. Inviolabili ai limiti conosciuti. Sono i fili che fanno muovere gli attori e le comparse di un grande teatro smarrito nell'universo. Tenui fili che compongono nella loro fredda armonia una specie di tela di ragno, in cui l'anima s'impiglia e allora l'ignobile mostro dell'inconosciuto, lentamente e inesorabilmente viene a roderla e a consumarla. Negletto chi mira la bellezza esteriore di un fiore ignorandone la radice nascosta. In fondo, caro Gabriel - permettimi l'aggettivo dall'alto della mia veneranda età - esiste un'unica vera solitudine, origine di tutte le altre, la lontananza cui ci troviamo dalla ragione del mondo. E qui penso, verità inconsolabile, non vi sia libreria che ne custodisca la rivelazione. Apprezzo molto le tue appassionate dissertazioni, dove si legge fra le righe uno spiccato acume intellettivo vestito di una vasta conoscenza enciclopedica. Tu mi parli giustamente di fisica e metafisica, creando un ciceone a volte condivisibile, bevibile con gusto, altre volte difficile da ingoiare per il semplice fatto che io sono io, tu sei tu e l'altro è l'altro. La speculazione di Cartesio la trovo ancora attuale, peccato che non abbia poi lasciato una valida definizione sull'uomo. La citazione di Herman. H - (d’ogni verità anche il contrario è vero) - l’ho mutuata per dire che una verità assiomatica non esiste, come non esiste una sola realtà. Ogni essere rappresenta la sua per ciò che è, poi è costretto ad adeguarsi all'imperativo kantiano (tu devi perché devi) per sopravvivere in una società strutturata piena di comandamenti. Per non dilungarmi oltre, oggi mi sforzo, con un certo successo, di vivere fuori dagli schemi, dove l'empirico, il sensibile, la politica e la religione non sono il mio primo nutrimento, altrimenti sarei già orizzontale difronte agli orrori e agli scempi dell'uomo attuale-inattuale. Ora ti lascio e torno alla mia solitudine spirituale, vero balsamo contro il deprecabile umano. (Scusa se ho scritto così tanto per dire così poco. W.G.)
mercoledì 27 febbraio 2019
mercoledì 16 gennaio 2019
Il Cavaliere d'altri tempi - IX e X - canto
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Cavaliere,
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sabato 5 gennaio 2019
Le terzine del 'Capisco e non Capisco'
Capisco perché leggo e scrivo
non capisco perché lo faccio
quando gli inesorabili istanti divorano tutto
Capisco la rosa
Di grazia curata
Per poche ore di sole
Capisco l'orchidea
Di Venere divino altare
Inesauribile calice di piacere
Capisco il vento
Di Venere divino altare
Inesauribile calice di piacere
Capisco il vento
Quando alita leggero
Quando mugghia e sferza
Capisco la pioggia
Quando canta la sua ira
Quando sussurra la sua quiete
Capisco del gabbiano
Placido il batter d’ali
La grazia dei volteggi
Capisco d’ogni sguardo
La dolcezza della gioia
L’amaro cupo del dolore
Capisco l’animale uomo
Quando semina la vita
Non quando sparge la morte
Capisco la creatura donna
Che porta in grembo la vita
Della vita l’amore e l’amare
Capisco il pianto
Quando sorride per il vero
Quando finge per il falso
Capisco l’emozione
Che pensiero sublima lacrima
E stringe il petto e stordisce l’aria
Capisco la Poesia
Non del Bruto ma del Bello
Che dal nulla sublime nasce
Capisco la musica
Arcobaleno sonoro di un Dio
Che colora l’anima del cuore
Capisco la lontananza
Tutti sono lontani
Quand’anche sono vicini
Capisco la solitudine
Regina alata d’alto cielo
Tirannico Re d’antica natura
Capisco e non capisco
Se nel bacio e nell’abbraccio
Or nasconde il bene or il male
Se nasconde or il vero or il falso
Se cela l’odio o il tradimento
Se trama il perdono o la vendetta
Capisco e non capisco
Il tuo chiamarmi amore
Senza un bacio e una carezza
Capisco e non capisco l’amore
Motore che agita e ravviva la vita
Che uccide e resuscita la speranza
Capisco e non capisco la vita
Che s’affanna per durare
Che respira per non morire
Capisco e non capisco la morte
Instancabile ombra che cammina
Che l’istante oscura una sola volta
Non capisco l'odio e l'invidia
Sentimenti oscuri alle tre B:
Il Bello la Bellezza e la Bontà
Non capisco la felicità
Perché non la conosco
Ma capisco l'infelicità
Non capisco l'odio e l'invidia
Sentimenti oscuri alle tre B:
Il Bello la Bellezza e la Bontà
Non capisco la felicità
Perché non la conosco
Ma capisco l'infelicità
E tanto non capisco il nostro vivere
Di timore incertezza e ipocrisia
E capisco la tristezza del non vivere.
Ieri non capivo e pensavo di vivere
Oggi capisco che lavoro per non morire.
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