Di quando in quando mi sovviene di quella nostra bella, triste e incompresa vicenda: il gioco iniziale le gite fra le montagne, la passeggiata notturna in riva al mare, le lunghe lettere, la gita fuori città e i ragazzini sopraggiunti improvvisamente che mi salvano dalle tue irrefrenabili aperture, poi l'esclamazione:"Vieni ho bisogno di te."
L'attesa in quella stanza sulla riva dello stesso mare, quindi il ritorno, il treno, il vaporetto e il pranzo al Lido ancora deserto. La mia era un'avventura, una semplice curiosità, un pretesto per scrivere una parentesi di vita come altre, complicata da quell'intreccio di lettere che intricavano le tue idee, le tue sensazioni, il tuo interesse. E il gioco per te diventò una cosa seria, come le tue lacrime che erano lacrime di felicità, per esserti sentita con me una donna con le ali che poteva esplorare luoghi di mondi prima sconosciuti, lacrime che bagnavano le aride zolle di un cuore da tempo indurito alle emozioni. Un gioco per te meraviglioso ch'io male interpretai. Il benevolo e complice sole che sorridente illuminava il gioco s'oscurò e l'oscurità divenne il tuo assoluto silenzio che castigò la mia curiosità.
dal mio guardino
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