E' notte inoltrata. ‘Aurora’ sorge indifferente all’orizzonte del mare. Sono cinque minuti o forse più che guardo il cursore lampeggiare sullo schermo piatto e indifferente del computer, dove la chiara pagina di word ormai impaziente attende che delle parole vi siano digitate sopra. Sono solo nella stanza, io e la silente pagina di word. L’apparire e il riapparire del sottile tratto nero, regolare come il battito di un cuore, continua incessante la sua muta e fredda intermittenza, incurante del mio stato d’animo. Inesorabile scandisce la successione illimitata degli istanti, ai quali io, impotente vorrei poter dire, fermatevi! Così lascio quel muto scandire al tempo e come per una sorta di magia mi ritrovo a fantasticare dentro a un nome: il tuo.
Lettere di un nome scandite sempre con l’udito di un cuore: il mio. Sillabe di un nome , forse molte, forse poche, ma che importa. Consonanti e vocali che si compongo, scompongo e ricompongo, che si sposano e divorziano più volte come tasselli di un puzzle senza forma che invano cerco di riunire affinché appaia un volto. Un volto conosciuto per brevi istanti irripetibili al cielo di un giardino, sotto a una silente quercia testimone di un tempo irrevocabile ma sempre vivo. Un volto accarezzato dal tenue candore dell’alba e dal fuoco impetuoso del tramonto: un dipinto gioioso e triste a occhi immutevoli d'un ricordo che sempre tale resterà: il tuo.
Un volto sceso nella grigia luce d'un’anima inquieta, costretto nel tacito silenzio dell’immaginario. Un volto dai tratti nobili e gentili, scolpito nell’armonia delle forme. Un volto dagli occhi dolci, chiari e vivi, cui le tenere e calde labbra donano in sogno a un vecchio gabbiano il soffio di un bacio: il tuo.
Il soffio di un bacio, come al velluto la carezza. Un bacio percepito e sognato in compagnia di una bianca luna. Un bacio non ancora sentito, non ancora violato nei suoi naturali segreti. Uno sposalizio di labbra che anelo sempre nella mia fantasia che ora sbraccia incerta in mezzo a un mare senza bordi, quando l’immaginazione naufraga nelle sue placide acque. Così non mi resta che ascoltare e riascoltare nelle agitate acque del pensiero, una, dieci, cento e mille volte, senza accusare il flato di una sillaba, la frequenza sonora della tua perduta voce, come una volta di fiori gettata fra i cuori: petali che delicatamente inteneriscono anche il più impaziente dei cuori: il mio.
Ascolto e riascolto quel suono caro e gioioso oggi vestito di tristezza, tanto da trascendere nel vecchio gabbiano che pago di infiniti voli, di albe e di tramonti, ritrova ancora la forza di emergere dalle tormentate acque del pensiero e in volo alzarsi verso il cielo, quell’unico cielo da lui sempre e tanto agognato: il tuo e il mio.